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Ritratto di Andrei Gruzsniczki al Romania Film Festival

Andrei Gruzsniczki, ospite lo scorso giugno delle giornate napoletane del Romania Film Festival all’Università «L’Orientale, è sicuramente una delle voci più interessanti della nuova cinematografia romena, negli ultimi anni in costante ascesa e sviluppo.

I due film di cui Gruzsniczki è autore hanno inaugurato la rassegna ideata da Teodora Madasa, presidente di ProCultura–RoArte, e coordinata nel suo svolgimento napoletano da Giovanni Rotiroti e Camelia Sanda Dragomir, titolari degli insegnamenti di Lingua e Letteratura Romena presso «L’Orientale».

Nella prima pellicola in programma, Quod Erat Demostrandum (2013), Gruzsniczki realizza un forte dramma intimo e storico allo stesso tempo: ambientato nel 1984, in pieno periodo comunista, quando il regime controlla i suoi cittadini in modo ferreo, la pellicola si sofferma sulle crepe del sistema e in particolare sulle politiche di espatrio dell’epoca Ceauşescu. Gruzsniczki utilizza un formidabile bianco e nero che, come nota Jay Weissberg, «hanno una gamma espressiva che consente gradazioni di ombre e di tonalità non possibili con l'uso dei colori». Si tratta di un film che non coglie soltanto gli aspetti fisici della Romania di metà anni ’80, ma anche le atmosfere intangibili eppure sensibili che permeavano la società, in un senso di cupezza e paura.

Con Cealaltă Irina (L’altra Irina, 2009), debutto nel lungometraggio da parte di Gruzsniczki, il regista sposta la sua attenzione sui primi anni ’90, a regime caduto, mostrando i disagi causati dalla commistione tra fine del comunismo e incipiente capitalismo selvaggio, raccontando una storia di coppia tra una donna, Irina, costretta a lavorare all’estero e il suo uomo rimasto in Romania.

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