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Intervista ad Andrei Gruzsniczki

Andrei Gruzsniczki è tra i più interessanti registi contemporanei romeni. Lo incontriamo il 22 giugno in occasione del Romania Film Festival di Napoli dove ha presentato i suoi Quod Erat Demostrandum (2013) e L’altra Irina (2009) di Andrei Gruzsniczki, ospite d’onore della rassegna.


Come è nata l’idea di Quod Erat Demostrandum, primo film in programmazione nelle giornate napoletane del Romania Film Festival?

Il film si basa su di una storia vera di cui avevo conoscenza. In particolare, su di una donna che durante il regime di Ceauşescu era riuscita a lasciare la Romania. A quel tempo, prima del 1989, era davvero molto difficile uscire dalla Romania, anche solo come turista. I passaporti e i permessi andavano autorizzati e la prassi era molto complessa e severa. Ed era molto difficile se si era già all’estero fare in modo che la tua famiglia ti raggiungesse. Era terribile. Si dovevano aspettare anni per i ricongiungimenti familiari. Così, la protagonista della vicenda vera, dopo molto che attendeva, decise di fare una manifestazione eclatante perché questo argomento avesse risonanza e arrivasse all’attenzione delle autorità della Svezia, dove lei si trovava. Fece una manifestazione davanti al Parlamento svedese. Dopo di ciò, il governo romeno decise di lasciare andar via anche la sua famiglia.


Da un punto di vista tecnico, perché ha optato per una scelta così forte come realizzare un film in bianco e nero?

Abbiamo deciso produttivamente e registicamente di utilizzare il bianco e nero in primo luogo per ricreare lo stile del cinema romeno di quegli anni. Avevamo all’epoca film a colori ovviamente, ma ve n’erano anche molti ancora in bianco e nero. Ma vi è anche un’altra ragione. In realtà il colore predominante è il grigio e nei miei ricordi il grigio era il colore di quell’epoca. Tutto era molto grigio. I palazzi erano grigi, gli ambienti erano grigi. Anche le persone lo erano, senza sorrisi e quindi colori sui loro volti. Per questo motivo abbiamo deciso di realizzare il film in bianco e nero.


Nel film non ci sono musiche. Come mai?

È vero che non ci sono musiche, ma una colonna sonora c’è. È fatta ad esempio dai rumori, dai suoni della televisione, della radio e così via. In realtà una musica composta appositamente per la pellicola esiste, ma in fase di realizzazione e post-produzione abbiamo deciso di non inserirla perché avrebbe edulcorato quel senso di grigio che come detto era nelle nostre intenzioni e faceva parte dei miei ricordi su quel periodo.


Come ha iniziato invece a lavorare su L’altra Irina, sua seconda pellicola in programmazione?

Anche in questo caso sono partito da una storia vera che è successa a un mio conoscente e che mi ha molto impressionato. In fin dei conti sembra basarsi sullo stesso argomento di Quod Erat Demostrandum, ovvero sul fatto che molti Romeni cercano o sono costretti a lasciare il loro paese e a vivere all’estero. È un argomento comune. Questa rimane l’idea principale, quella di qualcuno che è alla ricerca di una vita nuova. Ma per L’altra Irina, solo per uno dei membri della coppia, Irina, questo avviene, mentre l’altro rimane in Romania. La cosa mi colpì molto, all’epoca, della storia vera non era tanto la ricerca di una nuova vita all’estero da parte di lei, ma la ricerca continua di lui per arrivare a una verità su loro due.


Il cinema romeno, in ambito europeo, è in grande ascesa, con una nuova generazione e una new wave fatta di grandi personalità come Mungiu, Caranfil, Jude, Puiu, Giurgiu, solo per citarne alcuni, e di molti premi vinti a livello internazionale. Cosa pensa del cinema romeno attuale?

Sono molto contento di questa crescita. Credo inoltre che sia un cinema in evoluzione e che si sta modificando anno dopo anno. Questa ondata di produzioni è iniziata poco più di una quindicina di anni fa con Marfa și banii di Cristi Puiu, del 2001, opera che in fin dei conti prendeva molto da Lars Von Trier e da Dogma 1995. Ora ci stiamo spostando, passando attraverso quello che posso definire una sorta di “neorealismo romeno”, verso qualcosa di effettivamente nuovo. Penso a Câini di Bogdan Mirică, presentato quest’anno nella sezione “Un Certain Regard” al Festival di Cannes dove ha vinto il FIPRESCI. È qualcosa di completamente diverso.

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